OLTREPO2027. Ricerca territoriale

Una lettura ormai consolidata della realtà socio-economica italiana tende a utilizzare in maniera diffusa il concetto di “mosaico”; vale a dire un insieme di sistemi locali territorialmente identificabili. Questi territori, che potremmo considerare le tessere del mosaico stesso, estremamente differenti per dimensione, forma e materiale, alla fine compongono un’immagine di difficile interpretazione e sulla quale è oggettivamente complesso esprimere un giudizio globale1. Il problema è che questo tipo di visione rischia di avere un carattere prettamente statico, mentre la storia e l’esperienza quotidiana ci dicono che le varie componenti territoriali dell’economia italiana cambiano in continuazione. I cambiamenti non sono solo di carattere congiunturale, come sarebbe ovvio, ma hanno talvolta uno spessore strutturale. Si trasformano le vocazioni produttive, la natura delle imprese, il mercato del lavoro, ma ancora più nel profondo, cambiano i valori e le relazioni all’interno di un territorio. Purtroppo gli occhiali con i quali guardiamo questi cambiamenti hanno quasi sempre una funzione deformante, per cui certe trasformazioni ci sembrano più rilevanti di quello che sono e altre, per contro, più piccole di quello risultano nella realtà. Insomma, abbiamo creduto per trent’anni che le specificità produttive e organizzative di alcune aree del nostro Paese (la famosa Terza Italia), potessero rappresentare un’alternativa allo strapotere del capitale, in altre parole a un sistema economico che ci appariva non più così forte e nemmeno così allettante. Invece oggi tutto ci induce a credere che i due modi di produrre possano non solo convivere, ma addirittura siano complementari. Non c’è contraddizione. Ci siamo appagati per lungo tempo con lo slogan “piccolo è bello”, adesso ci diciamo che nel mondo globalizzato “piccolo è brutto”. Ma piccolo non è né bello né brutto, molto spesso è solo necessario.